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Smart working in Italia: qualcosa sta cambiando

La digitalizzazione del lavoro richiede non solo tecnologie ma anche modelli di business flessibili e organizzati, il cosiddetto smart working, una nuova modalità di approccio al mondo del lavoro, favorita anche dallo sviluppo informatico degli ultimi decenni.

Smart working in Italia: qualcosa sta cambiando

La tecnologia è in continua evoluzione e ogni giorno vengono progettate e applicate soluzioni atte a trasformare il lavoro e migliorarlo. Il progresso ha portato alla nascita di nuovi sistemi di lavorare, snelli e intelligenti, capaci di conciliare produttività, mobilità e flessibilità, garantendo una sostenibilità sia economica che ambientale. Parliamo dello smart working: un nuovo approccio utile per risolvere questioni come spostamenti di lavoro e, di conseguenza, i costi legati alla mobilità.

Anche in Italia negli ultimi anni si sta diffondendo il concetto di smart working sul modello americano – tanto che è stata formulata la Legge Lavoro Agile (Legge 81/2017), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nel maggio 2017 e pensata proprio al fine di regolarizzare questo nuovo approccio al mondo del lavoro. Il Decreto definisce lo Smart Working un accordo individuale e reversibile tra datore di lavoro e dipendente, nel quale si possono stabilire nuovi orari e luoghi per svolgere i propri task. Ma per essere effettivamente “smart”, il lavoro deve necessariamente avvalersi dell’uso della tecnologia. Grazie al cloud, alle soluzioni per la collaborazione da remoto e agli hardware mobile sempre più potenti e performanti, lavorare fuori dall’ufficio come tradizionalmente inteso è ora possibile. Appare, quindi, evidente che lo smart working sia la modalità di lavoro ideale per una società globalizzata, in continuo movimento e all’insegna della flessibilità.

L’ultima indagine trimestrale sul mondo del lavoro Randstad Workmonitor ha fornito un’analisi della panoramica italiana, rivelando quanto la forza lavoro apprezzi la modalità agile e lo ritenga un valido strumento di produttività e di equilibrio fra attività professionale e vita privata. Dall’indagine condotta in 33 paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 65 anni, l’Italia figura come uno dei paesi più favorevoli all’adozione del lavoro “agile”: otto lavoratori italiani su dieci apprezzano lo smart working, quasi un dipendente su due afferma di avere già sperimentato forme di lavoro “intelligenti” e il 65% dichiara di essere impiegato in attività esclusivamente nell’orario d’ufficio. Particolarmente interessati al lavoro agile sono i più giovani, mentre particolarmente incerti sulla reale efficacia di questo modello flessibile sono le donne, più propense a stare in ufficio e meno inclini a considerare lo smart working un utile strumento per l’equilibrio tra lavoro e vita privata.

La sintesi della situazione italiana è dunque la seguente: a una crescente richiesta di flessibilità e autonomia professionale si contrappone la resistenza di una parte dei lavoratori e delle imprese, tuttora ancorate al modello di impiego tradizionale e di ufficio. Insomma, ancora una volta lo “scoglio” da superare in Italia è soprattutto la resistenza culturale, ma diversi sono i segnali che fanno ben sperare in vista di un processo di progressivo cambiamento.

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